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Una modesta proposta sul lavoro sportivo dilettantistico

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Il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, con la sua ormai nota circolare del 21 febbraio scorso, aveva ravvisato “l’opportunità di farsi promotore, d’intesa con l’Inps, di iniziative di carattere normativo, volte ad una graduale introduzione di forme di tutela previdenziale a favore dei soggetti che, nell’ambito delle associazioni e società sportive dilettantistiche riconosciute dal Coni, dalle Federazioni sportive nazionali nonché dagli enti di promozione sportiva, svolgono attività sportiva dilettantistica nonché attività amministrativo – gestionale non professionale ex art.67 comma 1 lett. m) ultimo periodo del Tuir”.

 

La gradualità si è già scontrata con la realtà dei processi in corso che, nella ormai generalità dei casi, appaiono statuire l’esistenza di un rapporto di lavoro soggetto a contribuzione (sarei lieto di venire a sapere dell’esistenza, da un anno a questa parte, di sentenza che abbiano respinto le pretese contributive a fronte di prestazioni di istruttori sportivi).

 

Ritenuto necessario, quindi, dare certezze ai soggetti organizzatori di attività sportive quanto prima, approfittando del momento apparentemente favorevole (abbiamo in rampa di lancio legislativo sia i decreti applicativi della legge delega fiscal che la legge delega sul terzo settore), provo a sottoporre all’opinione di tutti una modesta proposta che nasce da alcuni approfondimenti svolti con il centro studi fiscalità e diritto dello sport di Bologna.

 

Il punto di partenza appare essere quello del ritorno, sotto il profilo concettuale, alla disciplina esistente fino all’entrata in vigore della legge 342/00 la quale ha eliminato ogni limite all’ammontare dei compensi sportivi qualificati come redditi diversi. Ossia, superate le varie soglie di defiscalizzazione, il compenso perde ogni tipo di agevolazione fiscale ma mantiene la sua natura di “reddito diverso”.

 

Durante il vigore della vecchia legge 80/86 e della successiva L. 133/99 (testo originale pre -emendamento) esisteva un limite di defiscalizzazione (per ultimo dieci milioni di lire) al superamento del quale scattavano tutti gli obblighi fiscali connessi ad un inquadramento come collaborazione coordinata e continuativa (ossia reddito parificato a quello di lavoro subordinato) con conseguente disciplina non solo sotto il profilo fiscale ma anche previdenziale e assicurativo .

 

La fattispecie che si propone mantiene i medesimi presupposti.

 

Una soglia di esenzione, di “non reddito” previa adeguata modifica all’art. 52 del Tuir pari a euro 8.000 (con un lieve incremento rispetto all’attuale di 7.500 ma nella soglia coperta dalla detrazione per lavoro dipendente) e, perla parte eccedente, un inquadramento come reddito parificato a quello di lavoro subordinato di cui all’art. 61 comma 3 d.lgs. 276/2003.

 

Non concorrendo i compensi sino a ottomila euro a formare reddito la base imponibile ai fini della contribuzione previdenziale coinciderebbe con quella fiscale. Al superamento della soglia scatterebbe anche l’obbligo di iscrizione alla Gestione separata Inps, di versamento dei premi all’Inail (per parasubordinazione, con conseguente riduzione dei costi assicurativi connessi al tesseramento sportivo) e di ottemperamento a tutti gli adempimenti disposti dalla normativa generale per le co.co.co.

 

A livello di contribuzione Inps (Gestione separata cococo, non spettacolo) si applicherebbe sull’imponibile l’aliquota piena per tutti i soggetti privi di altra copertura previdenziale obbligatoria e non pensionati e quella ridotta per tutti i soggetti già iscritti ad altre forme di previdenza obbligatoria o già titolari di pensione. 

 

La disciplina dei premi sarebbe estromessa dal regime attuale per ipotizzare un ritorno al regime, oggi abrogato, che era previsto dall’art. 3 della legge 80/86, ossia l’applicazione della ritenuta a rivalsa facoltativa prevista dall’art. 30 comma due d.p.r. 600/73 con una franchigia da quantificare. All’epoca era pari a centomila lire.

 

Dovrebbe essere introdotta una sanatoria per tutte le operazioni sui compensi effettuate fino alla data di entrata in vigore di questo nuovo provvedimento (facendo decadere anche gli accertamenti in essere anche se portati da sentenze passate in giudicato) e dovrebbe essere previsto un meccanismo di certificazione “gratuito” sulla legittimità di questi accordi.

 

Sia pure con un costo non trascurabile per il movimento sportivo (ma comunque inferiore agli inquadramenti previsti dagli attuali accertamenti nella gestione spettacolo) la proposta potrebbe offrire certezze al soggetto gestore ed un minimo di tutele al lavoratore, tutele oggi del tutto assenti nel rapporto sportivo dilettantistico.

 

E’ vero che avremmo un coinvolgimento anche degli atleti, oggi esclusi dalla attuale campagna di accertamenti ma, forse, anche per loro una maggiore tutela non guasterebbe. Tutela, del resto, che era già loro riconosciuta dalla disciplina vigente prima della entrata in vigore della legge 342/00.

 

 


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