La CTR del Trentino-Alto Adige, sez. I Trento, con sentenza n. 79 del 08.10.2021 esaminando il ricorso di un maestro di sci, affronta diversi punti di interesse della disciplina fiscale e del lavoro di tale categoria di professionisti dello sport.
I maestri di sci sono, infatti, insieme agli istruttori di vela, gli unici sportivi che posseggono un albo professionale istituito per legge (L. 81/1991).
Il contribuente in esame, che era anche dipendente pubblico, aveva svolto in maniera del tutto episodica attività di maestro di sci in favore di terzi e svolto una attività di: “coordinamento e aiuto organizzazione gare nonché di preparazione e manutenzione del materiale” in favore di uno sci club da cui aveva conseguito un compenso defiscalizzato pari a euro 7.500.
Il tutto senza applicare la disciplina, sia ai fini iva che dei redditi, del lavoro autonomo professionale derivante dall’iscrizione all’albo.
Il giudice di appello, su ricorso della Agenzia delle entrate che aveva impugnato la sentenza di primo grado favorevole al resistente, ha confermato sostanzialmente la tesi del primo giudicante e respinto l’impugnazione della Amministrazione finanziaria.
La decisione si basa su alcuni punti di diritto che appare opportuno analizzare.
L’iscrizione ad un albo professionale, di per sé, non costituisce svolgimento di attività professionale; ne potrà costituire “un indizio di abitualità ma non rappresenta un indice univoco di regolarità, stabilità e sistematicità dell’esercizio professionale”.
L’attività di maestro di sci era limitata a cinque giornate complessive per le due annualità accertate e quindi, come tale, è stata ritenuta una “attività non abituale ma, all’opposto, del tutto episodica e saltuaria”. Pertanto non si configura l’abitualità prevista dall’articolo 53, comma 1, Tuir.
Pertanto il primo punto da evidenziare è come il Giudicante abbia ritenuto possibile (anche ai fini Iva) una prestazione occasionale (sussistendone le caratteristiche) anche da parte di un soggetto iscritto ad un albo professionale.
Il secondo punto, sul quale si esprimono forti riserve, è la compatibilità tra una prestazione sportiva dilettantistica (quella che ha dato origine al pagamento da parte dello sci club dei 7.500 euro) e lo status di pubblico dipendente, in apparente contrasto con la disciplina di cui all’articolo 90 L. 289/2002; disciplina che, ricordiamo, sarà comunque modificata dal D.Lgs. 36/2021 che entrerà in vigore, per la parte di interesse, a partire dal 1° gennaio 2023.
Altro aspetto toccato dal giudicante che lascia qualche perplessità è quella di aver ritenuto essere una attività diversa rispetto a quella di maestro di sci quella svolta in favore della associazione sportiva dilettantistica.
Ad avviso di chi scrive una attività di coordinamento e aiuto nella organizzazione delle gare rientra comunque tra le attività tipiche di un maestro di sci.
Ma la parte di maggiore attualità e interesse è data dal collegamento effettuato con il D.Lgs. 36/2021, ed in particolare con l’articolo 36, comma 7, che disciplina il trattamento tributario del nuovo lavoro sportivo dilettantistico.
Secondo il giudicante “sebbene non applicabile alla vicenda de qua merita di essere rammentata perché prevede che la soglia di esenzione attualmente pari a euro 10.000,00 di cui all’articolo 69 comma 2 del d.p.r. 22 dicembre 1986 n. 917 si applica anche ai redditi da lavoro sportivo nei settori dilettantistici quale che sia la tipologia di rapporto ed esclusivamente ai fini fiscali”.
Come è noto il decreto legislativo di riforma dello sport in esame, già pubblicato in Gazzetta ufficiale, farà decorrere i suoi effetti solo dal 1° gennaio 2023.
La tesi del Collegio, evidentemente, è quella che, trattandosi in gran parte di norme a carattere interpretativo, possano già oggi essere oggetto di eventuali interpretazioni analogiche o estensive.
È certo che la Commissione tributaria ha comunque ritenuto “lavorativa” la prestazione in esame e, pertanto, accettando che la disciplina applicata ai compensi erogati dallo sci club fosse quella di cui all’articolo 67, comma 1, lett. m, Tuir, ha ritenuto che la vigente disciplina sui “compensi sportivi dilettantistici” sia riconoscibile anche per prestazioni lavorative sinallagmatiche.
Tesi, invece, non accolta dal legislatore della riforma che ha istituito le c.d. prestazioni amatoriali (che hanno le caratteristiche di non prevedere, sempre entro il tetto dei diecimila euro, versamento di oneri previdenziali e fiscali) limitandole, all’articolo 29, comma 2, a quelle per le quali possono essere riconosciuti premi e compensi occasionali nonché indennità di trasferta e rimborsi spesa, mentre ha disciplinato quelle che hanno un aspetto negoziale come fattispecie di lavoro subordinato, autonomo, collaborazione coordinata e continuativa o occasionale che se mantengono, come ricordato dalla decisione in esame, l’assenza di ritenute fiscali fino ai citati diecimila euro, prevedono comunque l’assoggettamento a contribuzione previdenziale.