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La legge 398/91: risorsa o trappola per gli enti non commerciali?

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La Legge 16.12.1991 n. 398 che consente la determinazione forfettaria del reddito e dell’iva da versare per le associazioni sportive dilettantistiche (campo di azione ampliato, poi, con l’art. 9-bis della Legge n. 66/1992 a tutti gli enti senza scopo di lucro) e l’esonero dalla tenuta di scritture contabili è stata, da subito, accolta con grande favore dal mondo del non profit.

 

Alla rilevanza, non secondaria, della semplificazione amministrativa e dei costi fiscali contenuti, unisce, ad avviso di chi scrive, un vantaggio di assoluto rilievo. Consente di non dover procedere alla distinzione dei costi c.d. “istituzionali” da quelli “commerciali” (unici componenti negativi utilizzabili per abbattere i ricavi imponibili) e conseguente determinazione pro quota di quelli forfettari. Distinzione che, per la sua scarsa possibilità di determinarla oggettivamente, produce di solito rilevanti contestazioni in sede di accertamento.

 

Tale disciplina è stata, negli ultimi mesi, oggetto di nuova attenzione da parte del legislatore.

 

In primis con il c.d. decreto semplificazione (D.Lgs. n. 175/2014. Sul punto vedi anche la Circolare della Agenzia delle entrate n. 31/E/2014) che ha previsto un’unica percentuale di detrazione Iva (50%) sia per i corrispettivi di pubblicità che per quelli di sponsorizzazione (prima al 10%). La novella pone fine a lunghe dispute dottrinarie e giurisprudenziali su cosa debba intendersi per l’una o l’altra fattispecie adottando, tra l’altro, la soluzione più favorevole per il contribuente. Pertanto non si può che accogliere con favore la semplificazione introdotta.

 

Successivamente, nella recente Legge di Stabilità (L. n. 190/2014), elevando da 516,46 a mille euro il limite dell’obbligo di tracciabilità degli incassi e dei pagamenti degli enti (obbligo anch’esso originariamente previsto solo per le sportive e successivamente allargato a tutti gli enti con un discutibile provvedimento di prassi amministrativa, la Risoluzione n. 102/E/2014), il cui mancato rispetto comporta la sanzione della decadenza dal diritto di utilizzare la disposizione legislativa in esame. Proprio la determinazione di questa sanzione produce due aspetti potenzialmente dubbi sui quali si propone una soluzione.

 

Il primo, legato alla possibilità di poter legittimamente utilizzare la disposizione legislativa di favore nell’annualità successiva a quella che, a seguito di accertamento, ha prodotto la decadenza dal diritto ad avvalersi della norma. A mio avviso se l’associazione nell’anno in contestazione “comunque” non aveva conseguito proventi commerciali superiori a 250.000 euro (limite di soglia al di sopra del quale si esce, per forza di legge, dal regime) tale diritto permane a prescindere che lo si sia perso nella stagione precedente a seguito di accertamento che ha rilevato movimentazioni non tracciabili sopra la soglia indicata. Sul secondo aspetto si ritiene che si debba, invece, ripartire da zero nel conteggio delle annualità (cinque) per le quali l’opzione per la Legge n. 398/1991 appare vincolante.

 

Va detto che, a prescindere da un positivo “riallineamento” dei limiti di pagamento per contante previsti per ogni soggetto, la norma introdotta con la Legge di Stabilità appare di scarso rilievo operativo per la vita delle associazioni. Associazioni che avrebbero, invece, (o perlomeno quelle che non ricorrono a comportamenti elusivi) ben volentieri barattato il limite dei pagamenti (mantenendolo alla vecchia soglia dei 516 euro) con un innalzamento più “importante” di quello dei versamenti. Troppe volte il rilievo sulla tracciabilità è legato da versamenti in contanti sopra soglia derivanti, ad esempio, dall’incasso di numerose quote associative pagate in contanti nella giornata precedente. Ma nonostante i numerosi interventi legislativi, di prassi amministrativi e di dottrina sulle modalità applicative di questa legge, alcuni aspetti continuano ad essere problematici. Ne evidenziamo al momento due.

Molte associazioni sportive che hanno optato per la Legge n. 398/1991 gestiscono, ad esempio, in convenzione con l’ente pubblico proprietario, impianti sportivi. Detti accordi prevedono anche un contributo a carico dell’ente proprietario.

 

Tale contributo – corrispettivo, ai sensi di quanto previsto dall’art. 143, comma 3, lett. b) del Tuir, viene decommercializzato e, come tale, non soggetto ad imposizione diretta. Ma analoga norma non viene prevista dal D.P.R. n. 633/1972 ai fini Iva. Ci troviamo, pertanto, di fronte ad un provento soggetto ad Iva ma non imponibile Ires. Detti importi versati alle sportive incidono o no nell’ammontare del plafond dei 250.000 euro ai fini della applicabilità della Legge n. 398/1991? E se, come si ritiene, non incidono, (e, pertanto, potrei aver già incassato per sponsorizzazioni l’importo massimo consentito e pagato forfettariamente la relativa Iva) potrò comunque assolvere l’imposta sul valore aggiunto godendo dell’abbattimento del 50%?

 

Consentiteci l’ultima provocazione, posta più volte e ancora senza risposta. Viene previsto che si esce dal regime della L. n. 398/1991 dal mese successivo a quello di “supero” del plafond.

 

Ma, quindi, nel mese in cui lo supero, posso fatturare “quanto voglio” e pagare tutto con il forfait? Sarebbe importante conoscere sul punto l’opinione della Amministrazione finanziaria.


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